Philip Roth – L’animale morente

O sages standing in God’s holy fire
As in the gold mosaic of a wall,
Come from the holy fire, perne in a gyre,
And be the singing-masters of my soul.
Consume my heart away; sick with desire
And fastened to a dying animal
It knows not what it is; and gather me
Into the artifice of eternity.
W.B. Yeats, Sailing to Byzantium, 1928

Leggendo questo romanzo si ha l’impressione di sfogliare le pagine di uno scrittore che non ha più molto da dire. L’intreccio è banale, se non inesistente. I personaggi sono scialbi e poco definiti. La tensione narrativa nel complesso è debole e i rari passaggi in cui si vede finalmente una luce forte, originale e disarmante, non bastano a fare di questo libro di Philip Roth un grande romanzo. Eppure, a un certo punto, salta all’occhio una digressione d’autore, un insieme di frasi che rende giustizia a tutte le altre frasi contenute nel volume.
Il protagonista, David, è un vecchio intellettualoide il cui unico scopo esistenziale è la penetrazione vaginale. È un animale morente perché la sua percezione del tempo è cambiata: non guarda più indietro pensando a ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, ma guarda al futuro contando i giorni che lo separano dalla fine, ed è aggredito dall’assurdo bisogno di riempire quello spazio che rimane, nell’ancora più assurda convinzione che riempiendolo quello stesso spazio possa dilatarsi. Tiene un corso di critica letteraria all’università e ogni tanto appare alla tv locale in qualità di arbiter elegantiarum.
Seduce le studentesse in virtù della propria conoscenza, o meglio, in virtù del fascino didattico infusogli dalla sua posizione di vulcanico docente sempre al passo con i tempi. Vuole portarsi a letto le più belle, perché non riesce e non vuole resistere a quel tipo di richiamo, perché la bellezza glielo fa venire duro. E così lui si trascina da un’erezione all’altra senza troppe beghe, finché non si imbatte nella giovane Consuela: studentessa cubana portatrice sana (almeno all’inizio) di tette meravigliose. Molto bella. Forse, questa volta, troppo bella.
Per la prima volta il sistema su cui David ha impostato la propria sicurezza interiore vacilla. Quel corpo femminile gli si concede totalmente, ma palpita in modo autonomo. E benché il protagonista faccia di tutto per evitare che la relazione si tramuti in qualcosa di serio, quella stessa relazione comincia a divorare le prerogative del suo potentato fallico. Consuela ha un passato, un passato in cui altri falli si sono sfregati su quella pelle incredibilmente levigata. E questo passato non può essere controllato, sfugge ad ogni tentativo di conquista. E quando ci confrontiamo con un passato incontrollabile, che riguarda qualcosa che possediamo (o crediamo di possedere) nel presente, l’immaginazione inizia a macinare fantasmi, proiezioni soggettive di ciò che altri soggetti hanno toccato e strappato all’oggetto che ora abbiamo la sensazione di afferrare a piene mani. Allora subentra l’amore, l’amore inteso platonicamente come desiderio del bello e del buono che non si ha, ma soprattutto come paradossale disperazione nei confronti di ciò che si ha.
Se l’amore è indotto dalla mancanza di qualcosa che non si possiede, il sesso costituisce la prima tappa fondamentale nel processo di estetizzazione dell’oggetto dell’amore. Nel romanzo di Roth il sesso si esprime principalmente in due forme: come sopraffazione: ‘Per quante cose tu sappia, per quante cose tu pensi, per quanto tu ordisca e trami e architetti, non sei mai al di sopra del sesso. E questo è un gioco assai rischioso. Un uomo non avrebbe i due terzi dei problemi che ha se non continuasse a cercare una donna da scopare. È il sesso a sconvolgere le nostre vite, solitamente ordinate. Lo so io e lo sanno tutti. Ogni vanità portata alle estreme conseguenze, finisce sempre per burlarsi di te’; e come vendetta: ‘Solo quando scopi riesci a vendicarti, anche se solo per un momento, di tutto ciò che non ami nella vita e di tutte le cose che nella vita ti hanno sconfitto. Solo allora sei più nettamente vivo e più nettamente te stesso. La corruzione non è il sesso: è il resto. Il sesso non è semplice frizione e divertimento superficiale. Il sesso è anche la vendetta sulla morte. Non dimenticartela, la morte. Non dimenticarla mai’.
Dunque il sesso si rivela sia come violenza subita, come negazione del sé, sia come potenziale rivalsa del sé rispetto alla propria negazione. Ma in tutto ciò che ruolo gioca l’amore? Che legame ha con il sesso? Qual è il risultato di questo legame?
A queste domande Roth risponde con una scena gotico-pulp. David, ossessionato dal fantasma di lei che si lascia guardare da un suo ex boyfriend mentre ha le mestruazioni, vuole riprodurre l’evento per acciuffare l’illusorio piacere di possedere quell’evento nella sua totalità temporale: si inginocchia davanti a lei che siede sulla tazza del cesso, preme la bocca sulle sue cosce e succhia i rivoli sottili che scorrono verso il pavimento. Lui è l’animale morente con i denti imbrattati di rosso. Lui beve il sangue di lei. È lei che penetra lui. Questo vuol dire innamorarsi. Innamorarsi coincide con la sentimentalizzazione dell’esperienza estetica. Ecco l’azione complicante, l’inaspettato giro di boa del romanzo di Roth.
Non basta innamorarsi per essere completi. Non basta l’unione delle anime, come ha detto Platone. Uno è completo prima di cominciare, poi l’amore lo spezza. L’amore ci sottomette a un altro corpo, un corpo unico preciso e inconfondibile, ci obbliga alla patologica ricerca di quel corpo per ristabilire la nostra completezza. Ma quando ci si innamora si diventa irreversibilmente incompleti. All’origine si è interi, in seguito l’amore ci apre in due. Come una mela. È una divisione irreversibile.
Non tutti si innamorano, ma tutti, prima o poi, diventiamo animali morenti. E l’amore è la malattia peggiore che possa colpire un animale morente. È un tumore che riempie lo spazio che separa della morte e che fa scattare presente e futuro l’uno verso l’altro come le due parti di una spillatrice. Il punto di convergenza delle due parti sancisce una staticità fatale, la disgregazione del corpo, del desiderio, e anche dell’amore. Il nostro animale è morto. Adesso è una microscopica sagoma inerte e gocciolante nella sua solitudine, trafitta da un pezzetto di metallo.

L’Inesistente