Canto della mela rossa #5

È solo acqua, non è niente. Ma io ho paura. Sei solo sudato fradicio, non vuol dire che tu abbia paura. Preme la fronte contro il suo torace, sente la bocca sulla nuca. 
Chiude gli occhi. Il temporale scroscia sulle tapparelle abbassate della finestra senza vetro.
 Il vetro è stato rotto da un pugno. La mano ha perso sangue, ma non è stata fasciata. L’acqua gocciola sul davanzale e sul muro sotto la finestra.
 La pozzanghera sul pavimento va allargandosi.
 Sul pavimento sono ammucchiati vecchi giornali: la carta e l’inchiostro si sciolgono nell’acqua.
Perché la mamma non ci vuole più bene? Perché noi non ci meritiamo il bene della mamma, forse. Una sirena squarcia l’acqua al di là della finestra. Io continuerò a volerle bene. Le braccia aderiscono alla pelle verticalmente, scivolando in direzioni opposte, mentre qualcosa cigola.
 Il rumore sembra vicino. Sul soffitto qualcosa inizia a gocciolare. La luce della strada filtra sulle lenzuola come circonferenze di un lampione sul punto di fulminarsi.
Sai, ho fatto un incubo. Da quando mamma ci ha salutato per sempre, faccio questo incubo. I capelli di lui fra le sue labbra. Racconta. Sicuro? Sì, sono sicuro. Okay. Allora, sono seduto su una pietra bianca e quadrata. C’è una fontana, ma non la vedo. È sotto di me. Sono in una foresta e c’è la nebbia. Sono solo e non so dove andare. Rimango seduto sulla pietra bianca e quadrata. Mi metto a dondolare i piedi, così, per fare qualcosa. Sento che se non faccio qualcosa divento una pietra bianca e quadrata. Io non voglio diventare una pietra bianca e quadrata, ma non appena mi metto a dondolare i piedi, la nebbia si dirada e appare un cavallo nero con una mela rossa in bocca. Voglio scappare, però le gambe dondolano e basta, si sono incantate, non posso correre. Cado a terra. Le gambe dondolano perché lo decide il cavallo nero con la mela rossa in bocca. E come fai a saperlo? Il cavallo nero con la mela rossa in bocca è più potente di me. Hai sentito quel tuono? Ecco, lui è molto più potente di me e di quel tuono. Devo mangiare la mela rossa, ma se mangio la mela rossa succede qualcosa di terribile. Ad esempio? Non lo so, ma qualcosa di terribile. Il cavallo nero mi fissa e comincia a diluviare. Si avvicina con un balzo e mi tira una musata qui, nello stomaco, e fa molto male, credo si sia tipo spappolato. Poi mi volta con la faccia in alto, mi schiaccia la guancia con uno zoccolo, piega il collo muscoloso, e mi spinge la mela rossa giù nella gola. Le gambe non dondolano più. Il cavallo nero è sparito. Al suo posto c’è uno stomaco che spunta dalla terra. Adesso sono io il cavallo nero con la mela rossa in bocca e sono condannato a errare per la foresta finché non trovo qualcuno a cui far ingoiare la mela rossa.
Credi di essere quel cavallo, adesso? Ne ho la quasi certezza. I capelli di lui fra le sue labbra. Respira. Senti, d’ora in poi ingoierò la mela rossa per te, errerò per la foresta finché non troverò qualcuno a cui far ingoiare la mela rossa. Sicuro? Sì, sono sicuro. Okay. Perché piangi? Non è niente, è solo acqua.

L’Inesistente
Kozma Petrov-Vodkin, Il bagno del cavallo rosso, 1912