Sul bus

Insomma quale scegli, dice la ragazza spiaccicandoti una specie di disegno in faccia, hai solo un’opzione e non è detto sia quella giusta, quindi pensaci bene prima di dare una risposta che potrebbe rovinare tutto, aggiunge una seconda ragazza sventolandoti sotto il naso un altro pasticcio di angioletti disciolti in colla stick e brillantini d’oro + strisce di rosso su carta, ma sembra meno convinta della prima, il suo sorriso taglia la luce bisunta che penetra il finestrino del bus, il finestrino del piano di sopra, ampio come lo schermo di un cinema in cui i personaggi potrebbero squarciare la bidimensionalità e farsi una passeggiata tra le poltroncine vuote della sala, là dove sei andato a collassare perché non c’era nessuno e perché ti piaceva l’idea di farti scoperchiare dall’alba e dal vento che scuote i cipressi a segnare il confine tra il possibile e l’asfalto, quei cipressi sono un’unica creatura dal manto verde ondeggiante, una creatura bellissima con mille foglioline sbatticiglia che scrutano il tuo hangover, scrutano i sensi di colpa e i metatarsi fradici, calzati di spugna non troppo candida e meccanicamente sfilati dalle sneackers stagnanti di varie cose per poggiarli sull’angolo destro del finestrino, ora tiepidamente appannato in quel punto come la vetrina di una pasticceria sontuosa su cui un ciccione in fame chimica strizza le gote, ehi non abbiamo tutta la giornata bello, riattacca a parlare la prima ragazza, ha piantato un tacco tredici sul bracciolo rosicchiato del sedile, l’orizzonte del tuo sguardo si allinea al morbidissimo crine appena accennato della sua vagina, una vagina appena emersa dalla terra sotto una minigonna H&M in plastica fucsia, ma cosa vuoi che ne sappia questo sfigato, non vedi che è fatto come una scimmia, senti carina, e la ragazza con la minigonna scoppia a ridere, e una piccola ombra sembra rivelarsi in quella risata, una piccola ombra che non ha mai smesso di rivelarsi, un’ombra che ti ha accompagnato per anni, i suoi angeli impiastricciati ti fanno schifo ma hai paura di dirglielo, lei smette di ridere e dice, chi se ne frega okay, siamo qui per decidere o no, voglio dire non ci serve un critico d’arte o roba simile, sfiatata di Vodka Red Bull, cazzo non sto dicendo questo, esclama l’altra aggrappandosi a un sedile per non farsi buttare giù dalla curva, ci abbiamo messo il cuore per fare queste opere d’arte del cazzo chiaro, certo sto solo dicendo che a me lui sembra a posto, e anche un gran bel manzo, aggiunge, e stavolta scoppiano a ridere tutte e due, la seconda ragazza ha la pelle scura, una camicia di jeans, pantaloni di una tuta di taglio maschile con bottoni a pressione staccati lungo la coscia, e un reggiseno di pizzo, fucsia come la minigonna dell’altra, che invece è caucasica, ha capelli chiarissimi modellati in una cresta in fase di disintegrazione, e non pensi se la sia fatta da sola, quella cresta, chissà quali mani hanno toccato i suoi capelli, magari quelle mani sono ancora sporche di gel da qualche parte all’oscuro del mondo, e vorresti essere quelle mani, non ti importa niente del resto, tutto il tempo quell’ombra non ha fatto che rivelarsi, l’ombra della risata di lei con gli zigomi anneriti dalla matita che comincia a colare, non sei in grado di pensare al domani e l’oggi già scivola via come il trucco scadente di una minorenne che va in giro sui bus senza mutande, una ragazza affusolata come un’imperatrice bizantina che puzza di patatine fritte spolverate cocaina, ma comincia a piacerti, comincia a fartelo venire duro quel suo modo sfacciato, quasi assassino di dominare la scena, quei suoi occhi esageratamente brillanti sembrano sembrano foglioline di cipresso sovraesposte all’alba, e i suoi seni, nascosti dalla sudaticcia Fruit of the Loom annodata sopra l’ombelico, sono altissimi sopra di te, sono entrambi molto belli, sentenzi ad alta voce, le parole ti escono come un rigurgito di alcol che brucia la gola, i vostri lavori sono molto belli, entrambe ti guardano, dici sul serio o ci pigli per il culo, fa la ragazza di colore, la bionda ti osserva e un ghigno le strappa leggermente la guancia, si sarà accorta della tua erezione, visto che indossi pantaloncini corti di lino sottile, e sì, ti confermo che si vede tutto, si vedono anche le pozzangherine del precum in espansione, ma magari non se ne è accorta, non gliene frega niente di te, ripensa semplicemente alle mani che le hanno toccato i capelli e forse non solo quello, quelle mani che adesso fluttuano beate nell’oblio incapaci di desiderare altro per l’eternità, no no dico sul serio si vede che voi ragazze ci sapete fare con gli angeli e quelli sono angeli top, ma la tipa in camicia jeans non sembra proprio soddisfatta del tuo commento e si stacca dal sedile e barcollando più vicino ti risventola il disegno sotto il naso, cioè tu no dico cazzo tu mi stai dicendo che questi sono ANGELI, ehi ehi adesso calmati dolcezza sta facendo del suo meglio OKAY, l’imperatrice si frappone come un mosaico trascendente fra te e quella matta che sembra sul punto di sbranarti vivo, tira fuori un rossetto da una micro pochette in velluto blu a tracolla e se lo passa sulle labbra, cazzo degli ANGELI capito, il rossetto è rimasto a mezz’aria come l’uccello di un cane randagio che sta per venire, cioè noi ci abbiamo messo il cuore e lui, sì va bene ha commesso un errore, un grande enorme bruttissimo errore, dice asciugandole le lacrime con le nocche della mano destra, è ovvio che si è confuso, non è così, e si volta verso di te arricciando il sopracciglio, sicuro avrò scambiato una cosa per un’altra, queste due non sono messe bene, meglio fare il blando, quella manca poco ti stacca a morsi quel che resta della tua carne, non sa scegliere, perciò mente, lui non sa, SCHHH va tutto bene, diamogli un po’ di tempo, ehi non fare la stronza, guardami, che ne dici se tu e la tua migliore amica andate a farvi un cono gelato al pistacchio, ecco così, brava, sì, il chioschino sulla spiaggia, non importa, lo forziamo, eddai fidati, lo so ma non importa, è qualcosa di più, diamogli un po’ di tempo, ci abbiamo messo il cuore ricordi, non potrà non capire, il tuo l’hai firmato, bene, l’imperatrice prende il tuo polso sinistro e lo rivolta come un pesce morto, senti il suo rossetto scivolare sull’ecchimosi dell’avambraccio, dischiudi le labbra, lei rimette a posto il rossetto, arrotola i due disegni in un unico cilindro e si china per infilarlo in una delle tue scarpe, quella rimasta dritta, l’autobus sta per fermarsi, senti le porte automatiche sbuffare di sotto, vedi di deciderti presto, ti sussurra nell’orecchio prima di rimettersi tutta verticale sui tacchi, noi scendiamo qua.

Credits: 絵画部_会員_作品_150, National Art Center Tokyo, 2017 – https://www.kodo-bijutsu.jp/