Fagioli

Signorina guardi, fosse per me, le sto dicendo che questo bambino risulta suo, cioè se vuole posso anche farle vedere lo schermo, se non si fida, l’impiegatucolo dietro il vetro paraspruzzi è un maschio caucasico sui trentasei anni, ha dei capellacci radi spalmati di brillantina rinsecchita in ricciolini stantii e bluastri, porta degli occhialini dorati alla Bassani in blanda scivolata su naso aquilino evidentemente bisognoso di uno scrub, e maglietta della salute bianca sotto camicia bianca non stirata e senza cravatta, anche le Nike microforellate sul dorso comprate su Amazon sono bianche, le accavalla sotto la scrivania in un gesto fiacco, stasera tornerà a casa e si spoglierà alla rinfusa perché farà un caldo porco, aprirà uno spiraglio di finestra e si rannicchierà sotto quello spiraglio con un barattolo di fagioli in mano, aprirà anche quel barattolo, annuserà i fagioli e, ritenendoli commestibili, li mangerà seminudo nel buio, estraendoli direttamente con la forchetta uno ad uno riconsidererà la sua intera esistenza, a scuola lo bullizzavano, ma neanche troppo, gli piaceva sfogliare i libri, di solito romanzi da ombrellone, li cominciava a tre quarti, almeno faceva prima, se non capiva qualche nesso cercava su Google la trama, a volte si accontentava di quella, aveva trovato subito un impiego come stagista presso la biblioteca centrale, prima che scoppiasse la pandemia, per poi passare da un lavoro all’altro senza rifletterci più di tanto, come un messaggio che migra da una bottiglia all’altra e che nessuno si prende la briga di srotolare per vedere cosa c’è scritto, ammesso che ci sia effettivamente scritto qualcosa, tanto la scrivania era più o meno la stessa, aveva rinunciato all’università come si rinuncia al supplemento per il doppio cheeseburger del McDonald’s, gli bastava quello che aveva, pensava che gli sarebbe bastato, era stato tirchio con la vita e così aveva cominciato ad accumulare veleno in una sacca segreta, una specie di secondo stomaco che si gonfiava internamente con velocità direttamente proporzionale all’adipe da birretta gongolante sul ventre in serate con i colleghi a parlare di calcio senza capirci una sega, odiava tutti, ma loro in particolar modo lo ripugnavano, la loro presenza gli rammentava tutte le volte che aveva fallito, non sapeva bene in cosa, ma comunque aveva fallito, odiava i colleghi, odiava i clienti, odiava la gente che camminava troppo lenta o troppo svelta per la strada, odiava i talk show, la politica, il suo lavoro, passava le serate a riempirsi il primo stomaco di quello che trovava, raramente accendeva le luci, faceva cruciverba e inventava rebus che postava su una pagina Instagram creata apposta, ma erano troppo difficili da risolvere, e si divertiva a elargire consigli svianti o insulti parasimpatici, la pagina oggi conta dodici follower e uno è lui, odiava sua moglie, la sua fissa per le rose, quelle rose dappertutto, le odiava, odiava quel matrimonio sfascia corpi che aveva bussato troppo presto alla sua porta, e quindi la casa, i mobili Ikea, la convivenza, il calo della libido e il divorzio e la culla da spostare in cantina perché ormai il figlio fisicamente non ci sta più, è pure cresciuto in fretta, meno male che lei aveva accettato di mettersi la spirale, tra poco è quasi più alto di lui, le gambe gli sporgono dalle sbarre di faggio del lettino Sniglar per buona parte delle tibie, mantenerlo gli costa quasi mezzo stipendio, perché continua a crescere e i vestiti non gli stanno più, perché deve andare a fare la visita medica, perché deve andare a scuola e gli serve la cancelleria, perché vuole fare palla a nuoto, pallannuoto, sì papà, pallannuoto, e papà non va a trovarlo più neanche nei weekend perché si vergogna di farsi vedere in giro, perché suo figlio guarda i film in lingua originale e lui se ne sta lì due ore a leggere i sottotitoli, papà ti è piaciuto il film, insomma, dice lui, poi vanno a prendere un cono gelato al pistacchio e lui prende per sé la misura più microscopica, una strusciata verdognola su cialda al polistirolo, con il pensiero già proiettato alle riflessioni che avrebbe fatto quella sera con il barattolo di fagioli in mano, rannicchiato sotto lo spiraglio della finestra, perché odiava anche la notte, ma un po’ meno di tutto il resto, perché di notte le cose sembravano fare meno male, erano sempre lì, ma sospese in alto nell’angolo cottura come lucine di Natale fulminate, e per fortuna era estate, lui, l’impiegatucolo che ti sta dando in affidamento il bambino biondo che manca poco ti molestava sull’aereo, non rientra nel programma di recupero elargito presso il Centro Assistenziale per Giovani Lavoratori e Non, perché è troppo vecchio, perché non ha una laurea né competenze tecniche specifiche, perché a quelli come lui il governo non riconosce il diritto alla speranza, si potrebbe semplificare con uno slogan, o meglio, li tiene buoni con stratagemmi tipo pensione assicurata e cremazione gratis, occhiali da vista al trenta per cento e altri sconti speciali per acquisti online, e in effetti quelle scarpe sono state un affare, si vede che le sfoggia con un certo orgoglio, nonostante la stanchezza da fine giornata, però non ha il cash per pagarsi uno psicologo né i Punti Fragola per tirarsi su un po’ di brown, e prima o poi rischierà di impiccarsi con quelle lucine di Natale pendenti sul frigorifero Toshiba, senta io non posso tenerlo, faccio l’assistente di volo per Rayanair, mi hanno assunto da poco, ho abitato nella giungla, ho fatto la guida turistica nelle risaie, ho studiato da sola molte cose del mondo che era e del mondo che è, ho passato tre colloqui conoscitivi e una prova scritta in lingua straniera, ho bisogno di questo lavoro, non posso, io non posso tenere questo bambino, lei mi capisce, sono sempre su un aereo, signorina guardi, fosse per me, l’impiegatucolo si rimette a posto gli occhialini d’oro che gli stavano slittando sulla mascherina abbassata sotto le narici, una mascherina bianca, quindi sposta una tazza colorata alla sua destra con un movimento scattoso e la rimette quasi nello stesso punto, è una tazza colorata fatta con il DAS, sopra c’è scritto il nome di un bambino, forse quello del figlio che abnormemente cresce e vuole cose, e ha due spalle così perché a palla a nuoto ci gioca davvero, e da anni, a volte lo va a riprendere agli allenamenti e gli porta un succo di frutta in brick, alla pesca o alla pera, e il figlio lo tracanna con gusto mentre lui cerca di asciugargli i capelli con il phon, fuori dagli spogliatoi c’è una fila di phon attaccati al muro di quadratini bianchi, quello era l’unico contatto fisico che avessero ripetuto più di una volta, insieme e nello stesso modo, si era stabilito una sorta di rituale, ed era molto importante rispettare tutti i dettagli, ogni volta che il padre andava a riprendere il figlio agli allenamenti doveva portargli un succo di frutta in brick alla pesca o alla pera e cercare di asciugarli i capelli in quel modo, il figlio avrebbe compiuto dodici anni il mese prossimo, dodici come i suoi follower lui incluso, era grandicello e un po’ si vergognava che il padre lo toccasse davanti agli altri, perché era una cosa da femmine e comunque non necessaria, ma pazienza, quel rituale non seguiva la logica aristotelica e se avessero sgarrato di un millimetro il loro mondo sarebbe finito, le dico, in tutta franchezza, che sarà costretta a cercarsi un altro lavoro, i bambini hanno bisogno di cure, e quanti anni avrà testina bionda, sai parlare, sì sa parlare, e perché non parla, non lo so, perché non parli, il bambino biondo indossa degli occhiali da sole rettangolari rosa sfumato e abbraccia un lupo di peluche, anch’esso rosa, ebbene, il lupo gaio ti ha mangiato la lingua piccino, l’impiegatucolo si rende conto di aver travasato una dose di veleno contestualmente eccessiva, mi spiace volevo solo dire che, ma il bambino biondo gli sta già mostrando il dito medio al di là del pannello in plexiglas su cui cola la scintillanza salivare di uno sputo in piena regola, marroncino come la Coca tiepida bevuta sull’aereo, e perciò ancor più notevole, bene, facciamo allora che il bambino ha un’età approssimativa tra i tre e i nove anni, diciamo un under dieci, okay, in tal caso se la signorina non è sposata ha diritto a un assegno di tot soldi, mica male, e anche a un chilo di latte in polvere a settimana, è superproteico, ci vada piano altrimenti tra qualche settimana questo finocchietto da strapazzo le diventa più grande di Golia, e non faccia quella faccia, se afferma di aver studiato avrà pur letto la trama di David e Golia, be’ fa niente, sono quasi le diciotto e il sindacato certamente non mi paga gli straordinari per fare da maestro alle trovatelle della giungla, scusi ma lei non può, non posso cosa, non posso fare il mio lavoro, ma lei ha capito dove siamo o no, questo è il centro oggetti smarriti dell’aeroporto e, per sfortuna o per fortuna, nel suo caso direi senza ombra di dubbio sfortuna, ci occupiamo di traffico di esseri umani, ma lo sa lei quanti bambini si intrufolano negli aerei spacciandosi per figli di turisti ricchi, mentre invece sono solo degli accattoni che sperano di impietosire qualche famiglia in vacanza facendo amicizia con i loro figli, e spesso ci riescono, perché si preparano dei discorsetti con i fiocchi e si mimetizzano procurandosi orpelli tarocchi da paninari, dia retta, sono dei bastardi, se non si accollano a una famiglia, appena mettono piede nell’aeroporto e passano i controlli di sicurezza, il sistema accoppia il loro QR Code con quello della prima donna o uomo single under trenta a tiro, et voilà, lei è stata scelta, congratulazioni, il bambino è legalmente suo, e non la prenda sul personale, le immacolate concezioni sono all’ordine del giorno, PFUI, sarebbe sociopoliticamente disdicevole lasciare i nuovi nati allo sbaraglio, considerato il già elevatissimo tasso di abbandono infantile, stia solo attenta a non abbandonare il bambino a sua volta perché rischia la galera, e altresì le sconsiglio di farlo a pezzi e rivendere gli organi al mercato nero perché il bambino è microchippato in ogni sua parte e basta un niente per risalire al genitore adottivo, cioè lei, usi i Kleenex, sta smoccicando sulle gote e le si rovina il trucco, il dispenser in metallo sulla destra, bravissima, guardi che bel faccino, su, ad avercene di belle facce come la sua, guardi me che sembro Gargamella, eccolo, lo vedo, un sorriso affiora dalla mascherina, forza, il mondo non è ancora finito, sappia che la situazione peggiorerà quando il bambino comincerà a crescere, adesso è gracilino ma poi vedrà che tibie gli verranno, in ogni caso avrà delle sovvenzioni statali e Punti Fragola a go go, le consiglio di procurarsi la brown, l’ho assaggiata a una festicciola e, ma come faccio, non posso mi creda, non posso, io come lo trovo un altro lavoro, non gliel’avevano detto al colloquio con la Rayanair di fare attenzione ai bambini d’asporto eh, è uno scherzo, vero, adesso arriva la famiglia bionda e ricca a riprenderselo, dove sono, li ha già avvertiti spero, ha usato l’altoparlante o cosa, c’è un suo, un suo superiore con cui posso parlare, io non posso, non posso prendere in affidamento questo bambino, ho appena iniziato, finalmente in città, un lavoro onesto, ho faticato tanto, mi creda, io non posso, signorina guardi, fosse per me, fosse per lei cosa, la inviterei a stare a casa mia, ma ho solo un barattolo di fagioli e delle lucine di Natale fulminate da offrirle, e non mi pare il caso di deprimerla ulteriormente, vedo dal suo fascicolo che lei un appartamento già ce l’ha, anche se in condivisione e in una zona orrenda, ma ormai le zone sono tutte orrende, e il giovanotto ha bisogno di nutrirsi per bene, se vuole mantenere questa formidabile gittata, ne avrà bisogno in futuro di scaracchi d’eccellenza, a posto, le stampo tutti i documenti e, prenda questo, è un buono per un cheeseburger con supplemento, non lo sprechi, lì ci lavora la mia ex moglie, magari hanno bisogno di personale, è un posto di merda, dicono che i figli diano una botta di vita, le auguro che per lei sia così.

L’Inesistente
Credits: Yayoi Kusama, Beyond the End of the Century, 1987